Un silenzio cade sul fondo del mondo
lento come un sasso nell’acqua
si posa dopo la lunga discesa
tra alghe, radi coralli, pesci mostruosi
con un piccolo sbuffo di fango
e terrore.
Tutto è mutato: il paesaggio del fondale
è l’atto che sa di finale e spaesamento
le conchiglie incrostate sono vuote
vuoti i resti del teschio rosicchiato
vuote le orbite dei pianeti mentre la ruggine
corrode le lattine e fluttua un sacchetto
come un velo che passa sugli occhi
e poi butti giù. Il pianto non è abbastanza
non dice la parola dei morti la paura
degli insorti – non è come quella volta
la vecchia in fila per il pane che chiede
“Lei potrebbe dire tutto questo?”
e il poeta che risponde “si, io potrei”.
Non è quel tempo. Eppure scrivo.
A. D’Agostino